sabato 8 dicembre 2012


ADDIO A MONTI (quando la politica diventa poesia...)

Addio, Monti sorgente dal nulla, ed elevato dal Quirinale; guida iniqua, nota a chi lavora tra noi, e impressa nel nostro retro, non meno che lo sia l’agire de’ suoi più familiari; collaboratori, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle lacrime posticce; ville sparse e prime case son tassate, come branchi di pecore paghiamo e sospiriamo; addio! Quant’è lieve il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che ti ha chiamato volontariamente, tratto dall’inganno di chi voleva l’altrui fortuna, si disabbellirono, da quel momento, i sogni della ricchezza; egli si meraviglia d’esserci potuto cascare, tornerebbe allora indietro, e non vuol credere che, un giorno, potrebbe ricomparir rigoroso. Quanto più si avanza il triplice partito, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quel Governo informe; l’aria gli par gravosa e morta
; s’inoltra mesto e disattento nel futuro tumultuoso; il vecchio aggiunto al vecchio, gli sprechi che finanziano altri sprechi, pare che gli levino il respiro; e davanti al Paese ammirato dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, a come sarebbe bello il suo nord, alla cosuccia cui Monti aveva messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprò con sacrifici immani, quand’era ricco senza Monti. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell’avvenire, e n’è sbalzato lontano, da una realtà diversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia qui Monti, e può avviarsi in traccia di programmi che ha sempre visto sfumare, e non ha mai potuto, nemmeno con l’immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio! Chi dava a voi tanta giocondità è finito; e non turberete mai più la gioia dei nostri suoi figli, sarà il Nord a prepararne loro una più certa e più grande.

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