venerdì 18 gennaio 2013


Previsioni dall'Inghilterra: Padania in Europa, sud fuori.

Il Financial Times profetizza un Europa in salsa leghista: l'Unione sopravviverà solo se ristretta a Germania, Francia, Benelux e nord Italia.

Dalle grida leghiste alle pagine paludatissime (anzi, al sito) del Financial Times: la secessione ne ha fatta di strada. E ora che il vettore politico ha fallito anche per spappolamento del partito che poteva incarnare un serio progetto autonomista, arriva la bibbia economico-finanziaria a rilanciarlo. Nella serata di ieri è comparsa sul sito del Ft - prontamente ripreso da quello del Sole 24 Ore-  una lunga analisi di Tony Barber dedicata al futuro del vecchio continente, messo a repentaglio dalla crisi del debito e, ormai,  di tutto  l’impianto comunitario. L’aspetto più interessante arriva verso la metà dell’articolo: «Per alcuni degli Stati fondatori dell’Unione europea», scrive Barber, «l’ideale di unità non è l’impero romano, che includeva Londra e Costantinopoli tra i suoi confini, ma l’impero medievale di Carlo Magno, che comprende Francia, Benelux e Nord Italia». E non ci vuole molto a capire quali e quante sono le nazioni che uscirebbero spaccate da questo ipotetico «riassemblaggio»: solo la nostra. Certo, siamo al puro sofisma. Fondato però su qualche fatto, a comunque affidato a una tra le testate più importanti d’Europa, e non solo. Il fatto principale è quello che Libero ha sommessamente sottoposto all’attenzione dei suoi lettori qualche mese fa, e cioè che la stessa porzione di Italia che il Ft immagina agganciata all’area forte dell’Euro sarebbe in grado di ripianare il debito pubblico di tutta la nazione in circa 40 anni, perché ha un ritmo produttivo e di crescita - e dunque di residuo fiscale - sconosciuto al resto del Paese.
Verso la rottura? - Che la situazione sia prossima a un punto di rottura è quasi inutile ripeterlo. Il calendario europeo restituisce da mesi un senso di periodica ineluttabilità destinato a puntuali frustrazioni: le consultazioni delle diplomazie, che ieri hanno vissuto una tappa nel bilaterale italo-francese, proseguiranno in vista del voto greco (domenica) e del G20 messicano di lunedì e martedì prossimo, 18 e 19 giugno. Sarà l’ultima fase del pressing globale sulla Germania, prima dell’incontro a Roma con i leader di Berlino, Madrid e Parigi in preparazione dell’eurovertice del 28 e 29 di questo mese.  Gli scenari peggiori per l’Euro sono quelli che non si aspettano nulla da questo round di tavoli internazionali. Ieri lo Spiegel, altra testata lontana da derive pop, ospitava un’analisi di Wolfgang Munchau - editorialista anche dello stesso Financial Times - che definire spettrale è poco: con due conti liquidava i due strumenti anti-contagio costruiti dall’Ue in questi anni (Efsf ed Esm, il secondo dei quali dovrebbe entrare in funzione per il salvataggio spagnolo) e spiegava come non basterebbero in caso altri Stati richiedessero analoga potenza di fuoco. Non sarebbero sufficienti per Cipro, figuriamoci nell’ipotesi toccasse all’Italia - ipotesi smentita con forza sia dal nostro governo sia dall’Eurogruppo. Quella di Munchau è forse la più rilevante delle opinioni «tedesche», che giorno dopo giorno testimoniano di una posizione tetragona tanto nell’esecutivo quanto nel sistema-paese: sempre lo Spiegel dedicava un ampio servizio a documentare la disillusione del popolo tedesco nei confronti di Obama, non a caso ultimamente tra le voci più forti a invocare una soluzione all’eurocrisi e, dunque, un ammorbidimento delle posizioni di Berlino. L’impressione è che prendersela con l’ostinazione della Merkel serva a poco: ha alle spalle un Paese che ha più voglia di scendere in guerra che di accollarsi quelli che considera costi dovuti a dissipatezze altrui. Una Weltanschauung inscalfibile da qualunque considerazione sui vantaggi per la Germania maturati in questi anni di moneta unica, e resistente a ogni lettura che esuli dal moralismo fiscale cui appendere i Paesi più sotto schiaffo.
Il sorriso di Miglio - Non si dovessero placare le tensioni sugli spread, il bivio si avvicinerebbe sempre di più: o si imposta una base di unione fiscale e bancaria che potrebbe avere come primo passo il «Redemption fund» contenente i debiti pubblici superiori al 60% dei Pil dei Paesi dell’Euro, oppure il rischio di tracollo si farebbe sempre più serio. E in questa chiave riprende terreno lo scenario «leghista» del Financial Times, che chiude così: «È possibile che Francia e Germania trovino nuovamente un modo per tenere in vita una versione di unità europea. Ma se lo faranno, sarà una federazione politica o fiscale con scopi limitati. E non tutti i 27 Paesi attuali membri dell’Ue ne faranno parte». O non tutti interi, come allude quel «northern Italy» citato poco sopra. Ci fosse ancora spazio per una Lega, potrebbe partire dal Financial Times. Un sorriso, Gianfranco Miglio può farselo comunque. 

fonte web

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