giovedì 26 luglio 2012

L'economista Giuseppe Di Taranto: "La Germania guadagna dalla crisi europea e non ha nessun interesse a risolverla"


Di Taranto: "La Germania guadagna dalla crisi europea e non ha nessun interesse a risolverla"
Efsf, Esm, scudo anti spread ecc. Il comune cittadino fatica a capire cosa sta succedendo
in Europa e in questi giorni drammatici è afflitto da un atroce dubbio: è cambiato il
governo, sono state fatte riforme lacrime e sangue ma lo spread è più alto di prima.
Perché? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Di Taranto, economista della Luiss Guido Carlo.

Professore, è passato un anno ma siamo punto e a capo. Cosa è successo?
“ E’ successo che l’Europa per un anno intero ha dimostrato di non essere in grado di
fronteggiare la crisi. Ha creato vari meccanismi di intervento ma nessuno di questi è di
fatto operativo. Per esempio, la Corte costituzionale tedesca ha rinviato a settembre
l’approvazione del nuovo meccanismo si stabilità”.

Anche ai meno esperti di politica internazionale appare evidente che la Germania
non stia facendo il massimo per uscire dalla crisi. Come mai?
“Il motivo è molto semplice: i tedeschi stanno guadagnando tantissimo dallo status quo
esistente e non hanno nessun interesse a cambiarlo”.

In che modo stanno guadagnando?
“I capitali in fuga dall'Italia, dalla Spagna e da tutti gli altri paesi in difficoltà stanno
trovando rifugio in Germania. Ormai lo Stato tedesco sta emettendo Bund con rendimenti
pari a zero o addirittura negativi e questo per Berlino implica un risparmio annuale di
decine e decine di miliardi di euro sulla spesa per interessi. Inoltre i capitali acquisiti a
basso costo vengono reinvestiti all’estero in attività a più alto rendimento, come per
esempio gli stessi titoli di Stato dei paesi in crisi. Perciò ogni giorno di crisi è per la
Germania occasione di nuovi profitti”.

Cosa può fare l’Italia per vincere le resistenze tedesche? Far saltare il tavolo ed
uscire dall’euro?
“Dall’euro non si può uscire in modo solitario. Anche questo scenario dovrebbe,
eventualmente, essere concordato con gli altri partner europei. L’articolo 50 del trattato di
Maastricht prevede che uno Stato possa uscire dall’Unione europea ma non dall’Unione
monetaria. Perciò prima di uscire dall’euro bisognerebbe avere il via libera dalla
commissione europea per lasciare l’Europa e poi entro due anni si potrebbe uscire dalla
moneta unica”.

Mi sembra di capire che non sia una strada percorribile in tempi brevi. Nel
frattempo però la “casa brucia”. Chi potrebbe spegnere “l’incendio”?
“Mi aspetterei un comportamento diverso dalla Bce. Mario Draghi anche recentemente ha
affermato che l’euro è irreversibile. Dichiarazioni di questo tipo sono importanti ma
dovrebbero essere sostenute da azioni concrete. Senza questo le frasi di Draghi non
hanno sostanza”.

Come giudica l’operato di Monti fino ad ora?
“Monti è stato chiamato per ridurre lo spread e ridurre il costo degli interessi sul debito
pubblico. Non solo l’aumento del differenziale tra i Btp e Bund ma anche il costante
aumento del debito pubblico stanno dimostrando che fino ad ora ha fallito”.

Quale è stato il suo errore principale?
“Non aver aggredito la causa primaria della crisi dell'Italia: l’enorme debito pubblico.
Nonostante i proclami nulla è stato fatto per avviare le dismissioni del patrimonio pubblico
che consentirebbero di ridurre rapidamente il livello di indebitamento”.
Altri errori?
“Aver insistito sull’applicazione di politiche liberiste che purtroppo si stanno rivelando
sbagliate perché non tengono conto delle specificità dei singoli Paesi. Prendiamo per
esempio le liberalizzazioni. A differenza del mondo anglosassone in Italia c’è sempre stato
un forte intervento dello Stato nell’economia e questo non ha creato solamente disastri ma
anche cose positive. Ancora oggi le partecipate dal Tesoro sono le società che danno i
maggiori utili nonostante la crisi. Se poi guardiamo alle liberalizzazioni avviate in Italia
negli anni ’90 sul settore bancario e assicurativo non possiamo non rilevare che sono
state dei fallimenti in quanto, contrariamente alle attese, non hanno portato ad un taglio
delle tariffe e quindi a dei vantaggi per i consumatori. Non si può pensare di risolvere i
problemi dell’Italia liberalizzando i taxi o consentendo alla parafarmacie di vendere i
farmaci di fascia C”.

Cosa bisognerebbe fare invece?
“Oltre alle dismissioni del patrimonio pubblico di cui ho già parlato, bisognerebbe rivedere
la tassazione sugli immobili. L’Imu sulla prima casa andrebbe eliminata per restituire
reddito alle famiglie ed in particolare ai giovani gravati dal mutuo. Bisognerebbe
conservarla solamente dalle seconde case in su assieme all’introduzione di una imposta
patrimoniale sui grandi capitali”.

In una Paese che ha la tassazione più alta del mondo è un tema “scottante”.
a partire da quale soglia l’applicherebbe?
"A partire dagli 800, 900 mila euro".

Basta la patrimoniale per salvare l’Italia?
“Ovviamente no. Andrebbe completata la spending review facendo però ben attenzione a
colpire davvero gli sprechi e non invece i servizi ai cittadini. Dire che si tagliano 17.000
posti letto negli ospedali è positivo se si tagliano nei luoghi dove sono in eccesso, ma
negativo se si tagliano dove mancano e i malati sono costretti a dormire nelle barelle.
Tutto questo però non deve essere finalizzato ad una semplice riduzione della spesa
pubblica ma al rilancio dell’economia perché la vera via di salvezza per il nostro Paese è il
rilancio della crescita. Solo riprendendo a crescere possiamo creare nuova occupazione
e rispettare anche i criteri imposti su deficit e debito dall’Europa”.

A proposito di nuova occupazione. I dati più recenti hanno messo in evidenza che
su dieci nuove assunzioni solamente due sono a tempo indeterminato. Le chiedo:
un giovane italiano può aspettarsi un futuro uguale a quello di suo padre?
 “Purtroppo no. Non potrà averlo perché le condizioni generali dell’economia internazionale
e dei mercati sono cambiate rispetto a prima. Però, indipendentemente dal fatto che siano
a tempo indeterminato o precari, la vera priorità per contrastare la povertà è la creazione
di nuovi posti di lavoro e questo può avvenire solamente rilanciando la crescita. Per fare
questo serve un cambiamento radicale della politica economica europea. Bisogna
accantonare definitivamente la ricetta monetarista causa del disastro e puntare su
politiche di rilancio keynesiane. Gli stessi Stati Uniti hanno fatto ricorso a questo tipo di
politiche e i risultati si sono visti".

25 luglio 2012

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